Nel 2020, le Istituzioni europee hanno avviato il piano “Fit for 55” un pacchetto di misure che prevede, entro il 2030, la riduzione del 55% delle emissioni nette di gas a effetto serra rispetto ai livelli del 1990 e raggiungere, entro il 2050, la neutralità climatica.
Tra le iniziative del pacchetto figura la revisione di tre direttive chiave, tra cui la Direttiva sul rendimento energetico degli edifici (Energy Performance of Buildings Directive o EPBD) che mira a migliorare l’efficienza energetica del patrimonio edilizio, stimolando un processo di ristrutturazioni (la “renovation wave”) che dovrebbe coinvolgere oltre 35 milioni di edifici e generare fino a 160.000 posti di lavoro nel settore edilizio.
La Direttiva EPBD è stata introdotta nel 2002 ed ha subito diverse revisioni: la 2002/91/CE (EPBD), la 2010/31/UE (EPBD II) e la 2018/844/UE (EPBD III). Le direttive sono state recepite, in Italia, attraverso i provvedimenti (D.Lgs. 192/05, L. 90/13, D.Lgs. 48/20) e i relativi decreti attuativi (D.M. 26.06.15), che definiscono gli aspetti fondamentali in tema di efficientamento energetico degli edifici. La versione che conosciamo oggi, in vigore dal 28 maggio 2024, prende il nome di “Direttiva Case green” e prevede che ogni Stato dell’UE proceda alla trasposizione entro il 29 maggio 2026, stabilendo una traiettoria nazionale per la ristrutturazione progressiva del parco immobiliare, residenziale e non, allo scopo di renderlo a emissioni zero entro il 2050, prevedendo esenzioni per alcune tipologie di edifici.
Il cuore della direttiva è quindi promuovere il raggiungimento di edifici a energia quasi zero (Nearly Zero-Energy Buildings o NZEB) richiedendo agli Stati membri di implementare misure per promuovere il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici, come:
- Requisiti minimi di prestazione energetica per gli edifici nuovi (i cosiddetti MEPS) o sottoposti a ristrutturazioni significative
- Obblighi di certificazione energetica mediante certificati energetici e l’ispezione periodica dei sistemi di climatizzazione
- Campagne di informazione per sensibilizzare gli utenti sugli indicatori di prestazione energetica degli edifici (Fonte: ENEA)
Inoltre, la Direttiva promuove l’uso di energie rinnovabili: l’installazione di contatori intelligenti per la misurazione e la gestione dei consumi energetici e la formazione di professionisti nel settore, prevedendo una riduzione progressiva del consumo medio di energia primaria degli edifici. Queste misure puntano a trasformare il patrimonio edilizio europeo in uno strumento per combattere la crisi climatica, migliorare l’efficienza energetica e ridurre i costi per cittadini e imprese.

Ciascun Paese deve predisporre un piano nazionale di ristrutturazione degli edifici, integrandolo nel proprio Piano Nazionale per l’Energia ed il Clima (PNIEC), e stabilendo le tappe concrete per il raggiungimento dei target della Direttiva, come l’eliminazione progressiva dei combustibili fossili utilizzati per la climatizzazione degli edifici entro il 2040, e formalizzando al contempo un percorso di trasformazione del patrimonio edilizio nazionale in edifici con alta efficienza energetica entro il 2050.
Nel caso dell’Italia, l’ultima versione del PNIEC, aggiornata a luglio 2024, ha confermato gli obiettivi nazionali in linea con quelli dell’UE, contrariamente al passo indietro che si sta verificando in altri settori, ma ha rivelato un divario in termini di strategia finanziaria per creare un ambiente normativo capace di realizzare gli obiettivi stabiliti nel Green Deal europeo.
Il settore edilizio in UE: consumi e povertà energetica
Secondo i dati della Commissione Europea, gli edifici rappresentano circa il 40% del consumo energetico complessivo dell’UE, oltre la metà del consumo di gas (principalmente per riscaldamento, raffrescamento e acqua calda per uso domestico) e il 35% delle emissioni di gas serra legate all’energia. Questo li rende uno dei settori più critici per il raggiungimento degli obiettivi climatici. Attualmente, circa il 35% degli edifici dell’UE ha più di 50 anni, e quasi il 75% del parco immobiliare è energeticamente inefficiente, con un tasso di ristrutturazione annuo che si aggira intorno all’1%.
A ciò si aggiunge il problema della povertà energetica, aggravata dall’aumento delle bollette. Questo fenomeno comporta un accesso insufficiente a riscaldamento, raffreddamento e illuminazione adeguati a mantenere un tenore di vita dignitoso. Si stima che circa 50 milioni di europei abbiano difficoltà a pagare le bollette e oltre il 20% delle famiglie povere dell’UE viva in una casa che presenta muffa o umidità.
Infine, nel settore residenziale, il 39% dell’energia impiegata per il riscaldamento proviene dal gas naturale, seguito dal petrolio (11%) e dal carbone (3%). Questa forte dipendenza dai combustibili fossili e quindi da altri Paesi esteri è ulteriore motivo per spingere verso la decarbonizzazione del settore, contribuendo a migliorare sia l’efficienza energetica che la sicurezza energetica dell’Unione europea.
Il patrimonio edilizio italiano: numeri e sfide
Secondo i dati CRESME (Centro di ricerche di mercato), il patrimonio immobiliare italiano, stimato al 2022, è di 12.539.173 edifici residenziali per un totale di 32.302.242 abitazioni di cui il 78,4% (circa 25.3 milioni) occupato da famiglie residenti. Gran parte del patrimonio edilizio esistente è stato costruito in epoche precedenti all’applicazione di qualsiasi legge in materia di contenimento dei consumi energetici con oltre un quinto degli immobili con più di cento anni (2.150.000, pari al 21%). Circa il 72% degli edifici ha più di 43 anni ed è stato costruito prima della legge sull’efficienza energetica (L. n.373/76) e il 68,5% delle abitazioni ha una classe energetica compresa tra la E e la G.
C’è anche da considerare una diffusione limitata di tecnologie innovative. Soluzioni come pompe di calore, sistemi di accumulo energetico e infrastrutture per l’autoproduzione di energia rinnovabile non sono ancora abbastanza diffuse. Inoltre, gli incentivi edilizi, come il Superbonus, hanno dimostrato un potenziale significativo, ma la loro applicazione è stata ostacolata da complessità burocratiche e da modifiche normative frequenti, che ne hanno limitato l’efficacia e l’accessibilità.
Per centrare gli obiettivi della EPBD, l’Italia può contare su diverse risorse economiche europee destinate alla transizione energetica e alla riqualificazione edilizia. Queste includono i fondi della Politica di Coesione europea e i finanziamenti del PNRR, strumenti essenziali per sostenere il percorso verso un parco immobiliare più efficiente, moderno e sostenibile.
L’Italia e la sfida del recepimento della Direttiva EPBD
L’Italia è al lavoro per recepire gli aggiornamenti previsti dalla Direttiva, ma il processo incontra sfide significative, alimentate anche da un attuale narrativa politica contraria che rallenta l’implementazione e rischia di abbassare l’ambizione al raggiungimento degli obiettivi prestabiliti. Alcuni partiti hanno manifestato una netta opposizione, contribuendo a ritardi e ad alimentare una percezione pubblica spesso negativa delle misure necessarie per la transizione energetica del patrimonio edilizio.
Nonostante questi ostacoli, il recepimento della Direttiva EPBD è un’opportunità cruciale per il Paese: non solo per modernizzare il patrimonio edilizio, ma anche per rafforzare la sicurezza energetica, ridurre le emissioni e migliorare il benessere abitativo.

Principali vantaggi dell’adeguamento agli standard EPBD
L’implementazione della Direttiva EPBD può rappresentare anche un motore per l’occupazione, con la creazione di posti di lavoro qualificati in settori strategici come l’edilizia sostenibile, l’installazione di tecnologie innovative e la gestione energetica. Gli investimenti nella riqualificazione degli edifici offrono un’opportunità per sviluppare competenze tecniche, promuovere il lavoro locale e supportare una crescita economica.
Tutti questi vantaggi dimostrano come la EPBD non sia solo un obbligo normativo per raggiungere gli obiettivi del Green Deal europeo: la modernizzazione del parco edilizio italiano non riguarda infatti solo l’efficienza energetica, ma la trasposizione di questa Direttiva rappresenta un’opportunità per migliorare la qualità della vita dei cittadini, ridurre le disuguaglianze sociali, superare la povertà energetica e rafforzare l’indipendenza energetica del Paese. Con un approccio ambizioso e coordinato nello sviluppo di politiche adatte al miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici, l’Italia può trasformare queste sfide in opportunità.