Il processo di transizione giusta nella Provincia di Taranto e nel Sulcis Iglesiente procede a rilento. Nonostante le aspettative e gli impegni presi, il programma del Just Transition Fund (JTF) sembra quasi paralizzato, lasciando le comunità locali in uno stato di incertezza.
Con la scadenza del 31 marzo 2025 che si avvicina, data entro la quale l’Italia potrà presentare una valutazione intermedia del programma alla Commissione Europea, diventa sempre più urgente accelerare e mostrare risultati concreti per rispettare gli obiettivi prefissati.
Dotazione e obiettivi del JTF: 17,5 miliardi per la Transizione in Europa
Il JTF è un’iniziativa finanziaria nell’ambito della politica di coesione dell’Unione europea. Il Fondo dispone di una dotazione complessiva di 17,5 miliardi di euro per il periodo 2021-2027. Di questi, 7,5 miliardi provengono dal budget dell’UE (il quadro finanziario pluriennale), mentre i restanti 10 miliardi sono finanziati nell’ambito del pacchetto NextGenerationEU, con l’obbligo di essere spesi entro dicembre 2026. Questo rende cruciale un’attenta pianificazione per garantire che tutte le risorse vengano utilizzate in modo efficace entro le scadenze previste.
Il suo obiettivo principale è fornire supporto ai territori che stanno affrontando grandi sfide socio-economiche legate al passaggio verso la neutralità climatica. Questo Fondo è pensato per aiutare le regioni più colpite dal cambiamento, sostenendo progetti e iniziative che favoriscano una transizione verso un’economia sostenibile e inclusiva.
Le sfide di Taranto e Sulcis Iglesiente
Nel 2020, la Commissione europea ha identificato la Provincia di Taranto e il Sulcis Iglesiente come le aree italiane maggiormente colpite dalla transizione verso un’economia climaticamente neutrale.
L’area di Taranto, che include la città e i comuni circostanti, ospita una delle più grandi acciaierie d’Europa e una delle principali centrali a carbone in Italia. Questa provincia è fortemente dipendente dall’industria dell’acciaio, con circa 10.000 dipendenti diretti a cui aggiungere quelli dell’indotto. A ciò va sommato il pesante inquinamento industriale e la forte dipendenza dai combustibili fossili che pongono una sfida significativa per la decarbonizzazione.
Nel Sulcis Iglesiente, un’area che interessa 23 comuni del sud Sardegna, si prevede la chiusura dell’ultima miniera di carbone italiana entro il 2025. Con una forza lavoro ridotta a 350 dipendenti e una produzione in declino, l’area affronta sfide demografiche e socioeconomiche, tra cui un elevato tasso di disoccupazione giovanile (35,7%) e bassi livelli di reddito.
In questo contesto, il JTF gioca un ruolo fondamentale, puntando a sostenere Taranto nel suo percorso di transizione verso un’economia più sostenibile, ed è altrettanto essenziale nel Sulcis, dove contribuisce a sostenere la transizione economica e a migliorare le condizioni sociali delle comunità locali.
Approvazione del Programma Nazionale e dei Piani Territoriali: le priorità del JTF
Nel 2021, la Commissione europea ha avviato un intenso confronto con gli stakeholder nazionali e locali per definire i Piani Territoriali, volti a identificare interventi e progetti in linea con le esigenze territoriali. Il negoziato con la Commissione si è concluso nel 2022 con l’approvazione del Programma Nazionale e dei due Piani Territoriali, delineati nella Decisione C(2022) 9764. Questi Piani, sviluppati in sinergia con programmi regionali come il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e il Fondo sociale europeo plus (FSE+), valutano le sfide sociali, economiche e ambientali, delineando gli interventi da finanziare.
Da allora, la Commissione, insieme all’Agenzia di Coesione Territoriale (ora sostituita dal Dipartimento per le politiche di coesione e per il sud) e ai Centri Regionali di Programmazione, ha lavorato all’elaborazione dei Piani Territoriali, focalizzandosi su energia e ambiente, diversificazione economica e impatti sociali. Per realizzare questi Piani, l’Italia ha ricevuto 1,211 miliardi di euro dal JTF, di cui 367,2 milioni per il Sulcis Iglesiente e 795,6 milioni per Taranto.
Nel Sulcis, il sostegno promuove l’uso delle energie rinnovabili, la creazione di comunità energetiche e la modernizzazione delle infrastrutture. Sono previsti interventi di bonifica per nuove attività economiche e progetti nei settori agricolo, del turismo sostenibile e dell’economia marittima.
A Taranto, la transizione energetica si concentra sulla produzione di energia da fonti rinnovabili, con particolare attenzione all’idrogeno, e sulla bonifica delle aree inquinate. Sono in corso programmi di riconversione per i lavoratori esclusi dai settori tradizionali, facilitando la loro riqualificazione nella “blue economy”. Il Comune sta collaborando con le grandi industrie, che hanno firmato un protocollo d’intesa su progetti strategici focalizzati su rigenerazione urbana, ecologica, socio-economica e culturale.
Prospettive future del JTF: estensioni all’Automotive e rischi per i fondi inutilizzati
Ad oggi, il processo di implementazione è in ritardo, con le risorse a disposizione ancora non spese, ad eccezione di quelle per l’assistenza tecnica. Ad alimentare i dubbi e le perplessità di attivisti e gruppi locali, è che nessun progetto sia ancora partito, e solo un bando per la bonifica dei terreni nel Sulcis è stato pubblicato.
Inoltre, il trasferimento delle competenze sui fondi di coesione dall’Agenzia di Coesione Territoriale al Dipartimento per le politiche di coesione e per il sud, sotto la Presidenza del Consiglio, ha comportato la nomina di una nuova Autorità di Gestione a maggio 2024, generando ulteriori ritardi.
A Taranto, nessuno dei bandi previsti tra marzo e aprile è stato pubblicato. I due progetti bandiera, del valore di 40 milioni di euro, pianificati per la prima metà del 2024, non sono mai partiti. Si tratta della Green Belt, un polmone verde di 1.200 ettari per riqualificare aree abbandonate, e del Sea Hub un centro dedicato alla formazione e allo sviluppo di attività legate al mare. Anche altri progetti, come la Biennale del Mediterraneo e il Campus Ionico per la Ricerca, focalizzati su innovazione nelle energie rinnovabili, blue economy e tecnologie pulite, restano avvolti nell’incertezza.
Questa situazione è aggravata dalla mancanza di trasparenza e comunicazione con gli stakeholder locali. Membri del Comitato di Sorveglianza, incaricati di monitorare l’avanzamento del programma, lamentano di non essere adeguatamente informati sui progressi del fondo. Inoltre, lo strumento di partecipazione pubblica “Puglia Partecipa“, attivo dal 2021, non ha prodotto risultati concreti, secondo gli attivisti, a causa di una pubblicizzazione insufficiente.
Quanto al Sulcis, i ritardi sono stati causati principalmente dalla vacanza di dieci mesi della carica di direttore del Centro Regionale di Programmazione (CRP), seguita dalla campagna elettorale per le elezioni regionali del febbraio scorso. A complicare ulteriormente il quadro, il successivo rimpasto operato dalla nuova giunta, che ha portato alla sostituzione del direttore del CRP.
Nonostante le difficoltà incontrate, si è registrata una svolta operativa con la pubblicazione di un bando da 80 milioni di euro, incrementato a 145 milioni lo scorso maggio, per la bonifica e decontaminazione dei siti dismessi nel Sulcis. Tuttavia, il bando ha subito due rinvii e solo a luglio 2024 è stata finalmente nominata la Commissione di Valutazione, con l’auspicio che le procedure per l’avvio dei lavori sui progetti approvati possano partire entro il primo trimestre del 2025.
Con il 70% del Fondo che devono essere spesi entro il 2026 e a pochi mesi dalla valutazione intermedia, il tempo stringe. E, tra ritardi burocratici, cambi di leadership e mancanza di coordinamento, la realizzazione di progetti vitali per la transizione rischia di rimanere bloccata, lasciando le comunità locali senza il supporto necessario.
A Bruxelles, intanto, si discute del futuro del JTF, con possibili estensioni anche nel nuovo budget europeo e alle aree che dipendono dall’automotive. Circa un anno fa, la Commissione per lo sviluppo delle regioni del Parlamento Europeo (REGI) ha approvato una proposta di estendere il Fondo alle regioni fortemente dipendenti dall’industria automobilistica, simile al sostegno già fornito alle regioni carbonifere. A distanza di un anno, il Comitato europeo delle regioni (CdR) ha riaffermato l’importanza di ampliare il concetto di transizione giusta a tutti i settori industriali colpiti, con particolare attenzione all’automotive.
Una mancata spesa dei fondi potrebbe avere ripercussioni negative non solo sui territori beneficiari, ma anche sul processo decisionale legato a queste importanti risorse, minando la fiducia delle comunità locali e la capacità di attuare politiche efficaci per una transizione giusta e sostenibile.