Nel cuore di Roma, un progetto di rigenerazione urbana sta prendendo forma, trasformando una vecchia base militare in un vivace centro di abitazioni sociali sostenibili. Porto Fluviale RecHouse, il cui nome richiama la zona in cui è situato, rappresenta un esempio concreto di come sia possibile combinare la sostenibilità abitativa con la partecipazione sociale, in un contesto di inclusività e innovazione.
Siamo stati nel cantiere a vedere dal vivo questo progetto innovativo e buon esempio di rigenerazione urbana. Il giorno 5 marzo, a seguito dell’evento “Build Better Lives: Garantire abitazioni adeguate, accessibili ed energicamente efficienti per tutti” abbiamo avuto l’occasione di fare una visita a Porto Fluviale grazie al Comune di Roma Capitale. Accolti dall’Assessore Ornella Segnalini e dall’architetto Gianmarco Di Giustino, siamo entrati nel cuore del progetto conoscendo da vicino l’iter portato avanti dal Comune che ha avuto un ruolo centrale nel coordinamento e nella gestione degli interventi di riqualificazione.
Il progetto, che ha visto l’avvio dei lavori nel 2023, si inserisce nel più ampio quadro delle politiche di riqualificazione delle periferie romane, ed è stato finanziato con 11 milioni di euro provenienti dal Programma Innovativo Nazionale per la Qualità dell’Abitare (PINQuA), nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) a cui si sommano 2.2 milioni di euro dai Fondi Opere Indifferibili (FOI) e il finanziamento di 1,5 milioni di euro di Roma Capitale. Il totale del finanziamento è pari a 14,7 milioni di euro. Una parte fondamentale dell’intervento è la valorizzazione di un immobile vincolato, che diventerà un nuovo punto di riferimento per la comunità, restituendo alla città un luogo di valore storico, sociale ed economico.
Ornella Segnalini – Assessore ai Lavori Pubblici di Roma Capitale
Il Progetto: un modello di (giusta) rigenerazione urbana
L’ex caserma di Via del Porto Fluviale, situata nel quartiere Ostiense, era da tempo inutilizzata, un edificio abbandonato che aveva visto una crescente occupazione spontanea, da parte di famiglie provenienti da diverse nazionalità, sin dal 2003. Queste famiglie, nel tempo, hanno sviluppato al suo interno una forma di convivenza interculturale e solidale. Il recupero dell’edificio ha quindi dato l’opportunità di formalizzare questa comunità, senza intaccare il tessuto sociale già esistente.
La struttura verrà trasformata in un complesso di edilizia residenziale pubblica (ERP), che ospiterà 54 famiglie, e sarà completata con nuovi spazi pubblici e servizi a disposizione di tutta la comunità. La riqualificazione non si limita alla sola parte edilizia, ma si estende anche all’ambito sociale e ambientale, creando un modello che unisce abitazioni, servizi e aree verdi in un unico, integrato ecosistema urbano.
Un approccio partecipativo e sociale
Uno degli aspetti più distintivi di Porto Fluviale RecHouse è l’approccio di co-progettazione, che ha visto i residenti, sia quelli storici che quelli futuri, attivamente coinvolti nel processo di trasformazione dell’edificio. Fin dall’inizio, infatti, il progetto ha messo al centro le esigenze della comunità, promuovendo la partecipazione dei cittadini non solo alla progettazione degli spazi comuni, ma anche all’elaborazione dei servizi che risponderanno ai bisogni sociali e culturali del quartiere.
Attraverso un Bando Speciale, che regola l’accesso all’Edilizia Residenziale Pubblica (ERP), si è dato priorità alle famiglie che risiedevano già nell’ex caserma, dando loro il diritto di rientrare nel nuovo complesso residenziale una volta terminati i lavori. Inoltre, il progetto prevede la creazione di spazi pubblici a uso misto, come una piazza che si estenderà nel cortile interno e diventerà punto di aggregazione per il quartiere, offrendo una serie di servizi essenziali: lo sportello antiviolenza, il mercato locale, laboratori, una scuola di circo, spazi per l’educazione intergenerazionale, e un’area per dedicata allo studio e ad attività comuni.
Il coinvolgimento della comunità è essenziale per garantire che le nuove abitazioni non solo soddisfino le necessità dei residenti, ma promuovano anche un senso di appartenenza e responsabilità condivisa. Le attività comuni non solo favoriranno la coesione sociale, ma offriranno anche opportunità di occupazione e auto-sostentamento per i residenti.
Il valore della coesione sociale: un’occupazione con finalità di integrazione
L’occupazione di Porto Fluviale, che risale al 2003, ha dato vita a una vera e propria “microsocietà” che ha saputo adattarsi e prosperare nonostante la situazione di incertezza legata alla mancanza di una regolarizzazione ufficiale. Questo fenomeno ha dimostrato come l’occupazione possa essere anche una risorsa, e non solo un problema da risolvere. Nel corso degli anni, le esperienze di convivenza sono state caratterizzate da un forte spirito di comunità, in cui si sono sperimentate forme di socialità meticcia, produzioni di reddito, e attività culturali che hanno arricchito il quartiere.
La collaborazione tra gli occupanti e le istituzioni ha avuto un ruolo fondamentale nel portare avanti il processo di regolarizzazione. Ne è un esempio il laboratorio C.I.R.C.O. dell’Università Roma Tre, già citato, che ha mappato le attività svolte all’interno dell’edificio e promosso la progettazione partecipata, che ha favorito la nascita di un modello economico-gestionale sostenibile per il progetto. Inoltre, la capacità di attrarre investimenti, anche da fondazioni private come la Fondazione Charlemagne, ha permesso di integrare il progetto con attività economiche e produttive, che contribuiranno alla sostenibilità a lungo termine dell’iniziativa.



L’aspetto ambientale: sostenibilità e innovazione energetica
Porto Fluviale è stato progettato anche con l’intento di ridurre l’impatto ecologico, valorizzando l’architettura esistente ed evitando il consumo di nuovo suolo. L’edificio, ristrutturato con tecniche di bioedilizia, è pensato per garantire alti standard di efficienza energetica e ridurre i costi per i residenti.
Un elemento chiave del progetto è l’installazione di un giardino fotovoltaico sulla terrazza, che darà vita a una comunità energetica, fornendo elettricità rinnovabile a basso costo per i residenti. Questa iniziativa non solo riduce la dipendenza da fonti energetiche esterne, ma crea anche un sistema energetico autosufficiente che contribuirà a rendere l’edificio completamente decarbonizzato.
Le soluzioni adottate per ridurre i consumi energetici sono un passo importante per rendere il progetto Porto Fluviale un modello di edilizia sociale che risponde alle sfide del cambiamento climatico. La qualità degli spazi abitativi e la riduzione dei costi energetici rappresentano un miglioramento concreto della qualità della vita per le persone che vi abiteranno.
Un nuovo modello di rigenerazione urbana
Il progetto Porto Fluviale RecHouse è un esempio di come la rigenerazione urbana possa essere realizzata in modo sostenibile, inclusivo e socialmente responsabile. La trasformazione di un’ex base militare in un complesso di edilizia residenziale pubblica non solo risponde alla necessità di case accessibili, ma promuove anche un modello di città più partecipativa e resiliente. Attraverso un processo di co-progettazione che coinvolge attivamente i residenti, Porto Fluviale diventa un laboratorio di innovazione sociale e urbana.La sinergia tra politiche pubbliche, comunità locali e investimenti privati ha trasformato Porto Fluviale RecHouse in un esempio di edilizia sociale sostenibile, simbolo di come collaborazione e rispetto per il patrimonio possano generare impatti duraturi sul benessere sociale e ambientale, rispondendo alle sfide urbane globali.
L’ok di BLU
Segno che ha reso riconoscibile e unico nel suo genere l’edificio è stara la grande opera murale realizzata su tutte le facciate dall’artista Blu nel 2014, a sostegno del diritto alla casa e dell’occupazione dello stabile. Con il raggiungimento dell’obiettivo di un’effettiva assegnazione di alloggi ERP alla comunità occupante, Blu ha dato il suo favore alla rimozione dei murales, riconoscendo il successo del progetto. In accordo con la Soprintendenza Speciale, si è deciso di rimuovere gran parte dei murales, mantenendo quelli sulle pareti cieche che affacciano su Via Ostiense, previa verifica sullo stato di conservazione.