Il Dispositivo per la ripresa e la resilienza è lo strumento al centro di NextGenerationEU, il programma introdotto dalle Istituzioni europee nel 2020 per rispondere alle conseguenze economiche della pandemia di Covid-19. Attraverso questo nuovo meccanismo finanziario, l’UE ha stanziato un pacchetto di fondi destinato a ciascun membro dell’UE, destinato a sostenere le riforme e gli investimenti previsti nei rispettivi Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR)
L’introduzione del Dispositivo nel budget europeo ha rappresentato uno strumento finanziario innovativo e cruciale per i paesi dell’UE. Oltre alla redazione dei piani nazionali, questo meccanismo si è distinto sia per la governance più centralizzata rispetto ai fondi della politica di coesione, sia per l’importante volume di nuovi fondi, molti dei quali a fondo perduto, che si sono aggiunti a quelli già assegnati agli Stati membri. Grazie a queste risorse senza precedenti, i governi europei hanno potuto finanziare in maniera ambiziosa e rapida la transizione verde e digitale, elementi chiave per la ripresa economica dopo la crisi sanitaria.
Sviluppato come strumento temporaneo con scadenza prevista per il 2026, il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza è oggi oggetto di dibattito tra i funzionari dell’UE, che stanno considerando l’adozione di un modello simile nel prossimo bilancio europeo per il periodo 2028-2034. Per sapere se ci sarà un NextGeneration 2.0 nel futuro bilancio, bisognerà attendere la proposta ufficiale della Commissione europea, prevista per il 2025, e il successivo periodo di negoziati tra Commissione, Consiglio e Parlamento europeo.
Tuttavia, ad oltre metà del suo periodo di implementazione, il PNRR è oggetto di diverse analisi che mirano a trarre un bilancio di quest’esperienza, valutandone gli aspetti positivi e innovativi, ma anche quelli più critici e da riformare. In questo contesto, la Corte dei Conti europea ha recentemente pubblicato due rapporti che forniscono un quadro di valutazione importante per il PNRR a livello europeo. Questi sono solo gli ultimi di una serie di pubblicazioni sul PNRR da parte della Corte, il cui compito è quello di vigilare sulla legittimità e regolarità delle entrate e delle uscite del bilancio dell’UE, assicurandone la sana gestione finanziaria.
Il lento assorbimento dei fondi preoccupa sul completamento delle misure
Il primo rapporto, pubblicato il 2 settembre 2024, valuta lo stato di avanzamento e l’assorbimento dei fondi del PNRR in Europa che, secondo la Corte, progredisce a rilento. Che l’implementazione dei piani nazionali non stia procedendo come previsto all’inizio del periodo di attuazione è un dato che purtroppo si applica a diversi paesi dell’UE, ed è il risultato di diversi fattori esterni (come la crisi energetica e inflazione conseguenti all’invasione della Russia in Ucraina) o interni (come le difficoltà del personale amministrativo nell’implementare i fondi). Difatti, nella sua analisi, la Corte segnala che i ritardi nell’assorbimento dei fondi del PNRR rischiano di compromettere il completamento delle misure nella seconda metà del periodo di attuazione, con la scadenza fissata al 31 agosto 2026, come stabilito dal Regolamento europeo.
Particolarmente rilevante è il dato riguardante gli esborsi, che secondo l’analisi della Corte non riflettono necessariamente la quantità e l’importanza dei traguardi e degli obiettivi inclusi nei piani nazionali. Infatti, il Dispositivo di ripresa e resilienza, si basa sulla performance, che significa che la Commissione eroga le risorse allo Stato in questione non in base alla spesa effettivamente sostenuta ma in base al raggiungimento di milestone e target definiti nell’ambito del Piano stesso. Per esempio, le stime sono che alla fine del 2023 la Commissione aveva erogato il 37% delle dotazioni totali del PNRR totale a fronte però soltanto del conseguimento del 19% di tutti i traguardi e obiettivi del Dispositivo. Nel caso dell’Italia, il maggiore beneficiario dei fondi stanziati dal PNRR tra i paesi dell’UE, il rapporto segnala che per il 46% di quota di fondi erogati, è stato conseguito soltanto il 34% dei traguardi e obiettivi (cioè 178 tra traguardi e obiettivi sul numero totale di 525 per il 2023). Con questo ritmo, il 62% degli investimenti del piano italiano sarebbe rimandato al 2026, con rischio che misure significative non vengano portate a termine.
La spese green è meno chiara di quanto dichiarato
Nel secondo rapporto, la Corte si concentra invece sulla quota verde dei piani nazionali. A febbraio 2024, il contributo per il clima di tutti i PNRR è stato ricalcolato in 275 miliardi di euro su un totale di 648 miliardi, pari al 42,5% degli investimenti complessivi (cifra che supera la quota di investimento obbligatoria del 37% che gli Stati membri devono destinare alle politiche verdi). L’obiettivo della Corte è stato valutare se l’attuazione dei PNRR stia contribuendo in modo efficace alla transizione verde, analizzando il contributo apportato da misure selezionate, i rispettivi traguardi e obiettivi, nonché i coefficienti climatici.
La realtà, tuttavia, si discosterebbe dalle stime ottimistiche della Commissione. Il rapporto solleva dubbi sul reale contributo del PNRR alla transizione verde evidenziando diverse criticità nella progettazione e attuazione degli investimenti destinati al clima e all’ambiente. Secondo la Corte, le carenze individuate includono discrepanze tra la pianificazione e l’attuazione delle misure e difficoltà nella metodologia utilizzata per tracciare gli investimenti climatici. Il coefficiente climatico usato per definire un investimento come verde, non rispecchierebbe la realtà: alcune misure vengono categorizzate come favorevoli alla transizione energetica nonostante presentino elementi problematici.
La conclusione della Corte è che per la transizione verde vengono effettivamente spesi meno soldi di quelli comunicati dalla Commissione e dagli Stati membri nei documenti ufficiali relativi al PNRR. Di conseguenza, è probabile che gli investimenti effettivi siano sovrastimati. In risposta a queste criticità, la Corte raccomanda alla Commissione europea di rafforzare il collegamento tra gli obiettivi climatici e i futuri strumenti finanziari, una monito che guarda già al prossimo bilancio europeo e ai nuovi strumenti che potrebbero essere sviluppati sulla base delle lezioni apprese dal PNRR.
Quale futuro per il NextGenerationEU?
A meno di due anni dalla scadenza del PNRR, è sempre più urgente accelerare l’implementazione delle misure finanziate da questo strumento per garantire il successo del programma.
Allo stesso tempo, in vista delle prossime negoziazioni sul bilancio europeo, le conclusioni e le raccomandazioni della Corte rispecchiano le preoccupazioni sollevate dalla società civile, sia a livello europeo che in Italia. L’obiettivo è condiviso: riformare e migliorare lo strumento che ha messo a disposizione risorse senza precedenti, fondamentali per guidare i paesi dell’Unione europea verso una ripresa economica sostenibile e in linea con una transizione giusta e verde.