La nuova diga di Genova: un mare di dubbi

Sono iniziati i dragaggi per la costruzione della nuova diga foranea di Genova, il progetto considerato l’opera simbolo del PNRR italiano, per la sua complessità e per costo ora arrivato a 2 miliardi di euro (finanziati dal Fondo Complementare Nazionale), che mira a trasformare il porto in un hub strategico per navi da crociera e portacontainer di grandi dimensioni. Con l’avvio ai dragaggi aumentano le preoccupazioni e si riaccendono i riflettori sulle numerose critiche ed inchieste legate a problematiche ambientali e gestionali e ricordiamo i recenti scandali.

I punti più controversi

Gestione dei fanghi di dragaggio: il progetto prevede di utilizzare tutti i fanghi per il riempimento dei cassoni, inclusi quelli più inquinanti (classe E).

    Fonte – shippingitaly

    Secondo le normative vigenti, questi materiali non possono essere sversati in mare nemmeno in ambienti confinati e dovrebbero essere trattati come rifiuti pericolosi. Inoltre, è previsto l’uso di 220mila metri cubi di materiale contenente amianto, proveniente dagli scavi per il maxi-bacino di carenaggio di Sestri Ponente.

    L’impatto delle operazioni: la costruzione comporta lo scarico in mare di circa sette milioni di tonnellate di roccia, di cui il 10% (700 mila tonnellate) è costituito da materiali fini che possono entrare in sospensione. Questo rappresenta un rischio significativo per l’ecosistema marino.

    Ritardi e inchieste in corso: finora sono stati posizionati solo 5 dei 105 cassoni previsti, e la conclusione dei lavori è slittata dal 2026 al 2027. La Regione Liguria ha già bloccato il piano per l’uso di materiali di recupero e sedimenti inquinati, mentre lo scorso agosto la Procura di Genova ha aperto un’inchiesta su presunti dragaggi illeciti. Sono stati ipotizzati reati come smaltimento illegale di fanghi tossici e violazioni ambientali, con otto indagati tra Regione e Autorità portuale.

      Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha autorizzato tramite il decreto-legge Ambiente l’uso dei sedimenti di dragaggio e dei materiali provenienti da demolizioni e scavi di altri cantieri per riempire i cassoni della diga. Questa norma, in vigore dal 17 ottobre 2024, consente di semplificare le procedure di trattamento dei sedimenti. Tra i materiali inclusi figurano anche 220mila metri cubi di terre di Sestri Ponente.

      Inoltre, tra i problemi principali e basilari è l’impatto che la diga avrà sui processi oceanografici che sono mediati dalla presenza dei canyon del Polcevera e Bisagno. Gli effetti si misureranno a medio e lungo termine su scala di bacino, e questo aspetto non viene mai sottolineato, anche in contrasto con il principio di DNSH.

      “L’impatto sui processi oceanografici dei canyon del Polcevera e del Bisagno è cruciale e va approfondito. I possibili effetti a medio e lungo termine sulla dinamica degli ecosistemi marini rappresentano una lacuna rilevante nelle valutazioni progettuali finora pubbliche. È necessario garantire che queste dinamiche siano compatibili con gli obiettivi di sostenibilità previsti dal principio di DNSH (Do No Significant Harm, il principio del non arrecare un danno significativo) includendo una rigorosa analisi di scenario e delle potenziali conseguenze sulla biodiversità marina.”

      Considerazioni di Nadia Repetto biologa marina e Maurizio Wurtz biologo marino, fondatore dell’associazione Artescienza e fu professore di Tecniche di Monitoraggio dei Cetacei all’Università di Genova.

      Uno sviluppo realmente sostenibile?

      Il progetto della nuova diga foranea di Genova ha suscitato preoccupazioni in merito agli impatti ambientali, sollevando un dibattito che non può essere ignorato. Mentre l’obiettivo dichiarato è di rendere il porto competitivo a livello internazionale, le critiche si concentrano soprattutto sulla gestione dei materiali più pericolosi, tra cui fanghi tossici e terre contenenti amianto, rischiando di compromettere la salute del mare e della fauna marina. Inoltre, l’intento di utilizzare materiali provenienti da altri cantieri e demolizioni solleva interrogativi sul reale beneficio ecologico di questa scelta. Sebbene si parli di economia circolare, la gestione di sedimenti ecotossici potrebbe finire per danneggiare irrimediabilmente l’ecosistema marino, come già avvertito dalle autorità locali, associazioni ambientaliste e attenzionato dai media con la risposta di esperti. Anche noi di MIRA Network, ci siamo uniti all’appello chiedendone la sospensione del progetto ritenendolo “non virtuoso” a causa di non conformità nell’utilizzo dei fondi destinati e anomalie procedurali.

      Questo scenario non solo rischia di minare la biodiversità, ma potrebbe anche aumentare il già elevato livello di inquinamento nelle acque liguri, creando un danno irreversibile alla salute e all’ambiente. La vicenda dimostra come l’equilibrio tra sviluppo economico e sostenibilità sia difficile da raggiungere, specialmente quando i costi ambientali non vengono messi al primo posto.

      Resta quindi aperto il dibattito su quale modello di sviluppo sia davvero sostenibile per una infrastruttura così strategica, ma anche così delicata, come il porto di Genova.

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