Taranto, persistono le critiche al dissalatore sul fiume Tara

Nonostante il recente (11 gennaio 2025) via libera della Conferenza dei Servizi riguardo la realizzazione dell’impianto di dissalazione delle acque salmastre del fiume Tara che, seppur con pareri divergenti, ha deciso di concedere la Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA), il dibattito è tutt’altro che concluso. Infatti martedì 14 gennaio si è tenuta un’audizione in Regione Puglia, su richiesta del consigliere Massimiliano Stellato, per discutere sul progetto del dissalatore, di cui abbiamo trattato anche sul sito Mira Network come Caso Non Virtuoso.

I critici sostengono che il fiume, già fragile dal punto di vista ambientale, sarebbe ulteriormente compromesso da un’opera ritenuta troppo impattante per l’ecosistema fluviale. La proposta, sostenuta da Acquedotto Pugliese (AQP), infatti prevede la costruzione di un impianto capace di dissalare 1.000 litri di acqua al secondo, destinati a potabilizzare le acque salmastre del fiume. La denuncia proviene da diversi enti e associazioni, che sottolineano come il Tara sia già vittima di prelievi eccessivi e di una gestione inadeguata delle risorse. L’opera, progettata per garantire acqua potabile a circa 385.000 persone, avrebbe un elevato consumo energetico e produrrebbe un residuo salino che rischia di compromettere ulteriormente il delicato equilibrio dell’area. Nonostante le rassicurazioni sul progetto, che prevede misure di compensazione ambientale, manca un consenso unanime e persiste una forte contrarietà, con dubbi sulla reale sostenibilità dell’iniziativa.

“La crisi idrica che sta colpendo il nostro territorio va contrastata in modo deciso e tempestivo. Tuttavia, raggiungere questo obiettivo intaccando inestimabili risorse naturalistiche non è accettabile“. Questo il messaggio emerso durante l’audizione, che ha ribadito i dubbi sull’impatto ambientale dell’opera, in particolare sulla tutela delle risorse idrogeologiche e naturalistiche della zona, che include habitat di interesse comunitario. I rappresentanti locali, tra cui l’assessore all’Ambiente di Taranto Stefania Fornaro e il presidente della Commissione Ambiente Paolo Castronovi, hanno sottolineato l’importanza di proteggere il patrimonio naturale e la salute dei cittadini.

Necessario valutare altri siti per l’opera

Il sindaco Rinaldo Melucci e l’Amministrazione comunale, in linea con le dichiarazioni della Provincia, hanno ribadito il proprio “no” politico alla realizzazione dell’impianto, chiedendo la convocazione di un consiglio comunale monotematico per discutere un possibile ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR). Il Comune, nel frattempo, invierà una missiva alla Regione per chiedere informazioni sui siti alternativi che erano stati considerati in precedenza e comprendere le ragioni che hanno portato a scegliere il fiume Tara come localizzazione dell’impianto.

Le preoccupazioni ambientali non riguardano solo la politica, ma anche le associazioni locali, tra cui Legambiente, che ha sollevato dubbi sull’efficienza del dissalatore. L’associazione sottolinea che l’impianto sarebbe energivoro, con un consumo di circa 30 milioni di kWh all’anno, e avrebbe un impatto negativo sul cambiamento climatico. Alcuni comitati hanno anche messo in evidenza che l’emungimento delle acque potrebbe compromettere la portata e la qualità delle acque del fiume, suggerendo di destinare i fondi alla riparazione delle perdite nella rete idrica anziché alla costruzione del dissalatore.

Come riporta l’Associazione del territorio Giustizia per Taranto, il progetto del dissalatore fu già candidato dalla Provincia a valere sui fondi del Just Transition Fund e bocciato dalla commissione VIA VAS. Sebbene all’epoca fosse stato proposto in Mar grande, restano in piedi tutti i motivi del suo respingimento: per gli effetti negativi sull’ambiente, per gli enormi consumi di energia che contribuirebbero all’aumento di emissioni di CO2 a causa dei quali vi è oggi siccità e per l’assai probabile aumento dei costi dell’acqua. La stessa salamoia di risulta sarebbe carica di sostanze tossiche. Per il Tara la situazione sarebbe ancora più delicata data la sua fragilità per portata d’acqua ed ecosistema. Le soluzioni alternative ci sono e vanno dalla riparazione delle condotte, al recupero delle acque dell’invaso Pappadai, fino a negare l’utilizzo di acque potabili all’ex-Ilva per raffreddare i propri impianti industriali.

Si intensifica lo scontro tra associazioni ambientaliste e l’AQP

Le associazioni accusano l’AQP di non considerare adeguatamente l’impatto ambientale del progetto, mentre l’ente ribadisce che l’opera è stata progettata seguendo tutte le normative vigenti, con l’obiettivo di garantire il minimo impatto possibile. La questione centrale riguarda il rispetto del deflusso ecologico minimo, che AQP assicura sarà garantito, ma che i critici ritengono possa essere compromesso. Anche la questione dei costi energetici e delle emissioni legate al funzionamento del dissalatore è al centro del dibattito. AQP ha risposto alle preoccupazioni, garantendo che il dissalatore rispetterà i limiti sul deflusso minimo vitale stabiliti dallo studio scientifico del Politecnico di Milano e che la copertura energetica dell’impianto sarà in parte garantita da fonti rinnovabili. 

ll progetto del Dissalatore secondo i Criteri MIRA

Per valutare l’efficacia e la sostenibilità degli investimenti verdi in Italia, applichiamo cinque criteri rigorosi alle misure finanziate dai fondi europei. I nostri criteri fanno riferimento ad elementi fondamentali che ogni misura deve soddisfare per garantire un uso responsabile ed efficace dei fondi europei verso una transizione ecologica e sociale.

Il dibattito resta acceso, tra chi ritiene il dissalatore una soluzione necessaria per garantire la sicurezza idrica della regione e chi teme che il costo ambientale sia troppo alto. Nel frattempo, i lavori preparatori per l’opera procedono, con l’obiettivo di avviare i cantieri nel primo trimestre del 2025.

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