Lo avevamo segnalato e le conferme sono arrivate anche dai documenti ufficiali: sulla nuova diga foranea del porto di Genova si continuano a registrare ritardi, costi in aumento e una crescente incertezza sui tempi. È quanto emerge anche dal cronoprogramma aggiornato della fase B, reso pubblico dal consorzio Pergenova Breakwater (Webuild) che si è aggiudicato l’appalto dell’opera, che prevede la conclusione dei lavori non prima del primo semestre del 2029. Un cambio di scenario radicale rispetto alle previsioni iniziali che indicavano il 2026 come orizzonte e il successivo più “prudente” traguardo al 2027.
Novità importanti arrivano anche dalla recente pubblicazione – dopo mesi di attesa – di alcuni documenti progettuali da parte dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Occidentale. Tra questi, un nuovo quadro economico dell’opera che stima i costi in 469,7 milioni di euro, ovvero ben oltre sia i 350 milioni previsti dal progetto preliminare, sia i 330 milioni stanziati dal Governo un anno fa. Una differenza sostanziale che pone interrogativi legittimi sulle coperture e sulla sostenibilità finanziaria complessiva.
In parallelo, emerge dal bilancio di previsione 2025 dell’Autorità portuale anche una richiesta al Governo per dirottare 162 milioni di euro dai Fondi sviluppo e coesione destinati alla Liguria verso la nuova diga. Un’ipotesi che solleva perplessità, considerando che quei fondi sono pensati per rafforzare il territorio nel suo insieme, e non per coprire disallineamenti economici di un’unica grande opera.
Intanto, anche la fase A del cantiere procede con difficoltà: il dragaggio è ancora limitato alla prima porzione, i passaggi autorizzativi e ambientali non sono completati, e la gara per la fase B – attesa da tempo – non è ancora partita. A tutto ciò si aggiungono le riserve presentate dall’appaltatore per circa 300 milioni di euro, le indagini aperte dalla Procura europea e un assetto commissariale che fatica a garantire trasparenza e connessione con la cittadinanza.
In questo quadro complesso, cresce la preoccupazione che l’opera possa assorbire risorse fondamentali destinate ad altre priorità del territorio ligure – dalla lotta al dissesto idrogeologico al rafforzamento dei servizi pubblici, passando per la manutenzione delle infrastrutture esistenti. I Fondi di coesione sono pensati per ridurre i divari e sostenere la resilienza dei territori: serve lungimiranza e coerenza nel loro utilizzo.
Per Genova, per la Liguria e per l’intero Paese, diventa sempre più urgente un cambio di passo: servono maggiore trasparenza, coinvolgimento e chiarezza. Continueremo a seguire con attenzione gli sviluppi di questo progetto, nella convinzione che su opere di questa portata serva un confronto pubblico e un monitoraggio costante, per garantire che ogni euro speso risponda davvero all’interesse generale del territorio e del Paese.