Liguria e transizione verde: PNRR e il rigassificatore di Vado Ligure, una scelta controversa

La Liguria, regione dal paesaggio straordinario e dal tessuto produttivo fortemente legato al mare, è oggi chiamata ad affrontare una sfida condivisa: avanzare la transizione ecologica senza tradire la coerenza ambientale e sociale del proprio sviluppo. In questo contesto, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è un’occasione unica, e al tempo stesso una prova complessa. Secondo i dati ufficiali, al 2025 la Liguria ha ricevuto circa 16.3 Mld di finanziamenti di cui circa 8.1 Mld di euro dal PNRR, distribuiti su una molteplicità di ambiti strategici. Di cui:

Fonte: OpenPolis

L’investimento più rilevante riguarda le infrastrutture, tra cui spicca la diga foranea del porto di Genova (500 milioni) di cui abbiamo approfondito come caso controverso. 

I progetti in totale sono 5411. Per quanto riguarda lo stato di avanzamento, il portale regionale evidenzia una situazione in evoluzione: molte opere sono in fase di attuazione o progettazione. Secondo la Corte dei Conti, circa 58,3% dei progetti aveva scadenza nel 2024, 33,1% nel 2026, e circa l’11% dei progetti nel 2025. Oggi, a primavera 2025, questo significa che diversi interventi dovrebbero essere già conclusi o trovarsi in una fase di completamento, ma rimangono ancora incognite sulla reale capacità di attuazione.

La Liguria si colloca in una posizione ambivalente: non tra le regioni più lente nell’attuazione del PNRR, ma nemmeno tra le più virtuose. Nonostante le risorse ricevute e l’avvio di numerose iniziative, la Regione rimane in una fascia intermedia rispetto al panorama nazionale: regioni come Lombardia, Sicilia e Campania hanno attratto più fondi, e la capacità esecutiva ligure è stata spesso messa alla prova dalla complessità dei bandi, dai ritardi attuativi e dalla difficoltà di coniugare innovazione e coerenza territoriale. 

La presenza di settori industriali pesanti e una storica dipendenza dalle fonti fossili rappresentano ostacoli strutturali a una piena transizione ecologica. I fondi del PNRR hanno portato potenziale trasformativo, ma la sfida resta aperta: trasformare questi miliardi in impatti concreti, equi e sostenibili. E soprattutto, evitare che le scelte strategiche – come quelle legate al futuro energetico e alla pianificazione industriale – tradiscano i principi di giustizia ambientale e sociale a cui il PNRR stesso si ispira.

Il rigassificatore di Vado Ligure: un progetto controverso

Un esempio emblematico delle sfide che la Liguria sta affrontando nella sua transizione verde è il progetto di realizzazione del rigassificatore a Vado Ligure. Originariamente previsto come soluzione temporanea nel porto di Piombino, il rigassificatore dovrebbe essere trasferito lungo la costa savonese: una scelta che ha suscitato molte polemiche, soprattutto in relazione alla sua incompatibilità con gli obiettivi di sostenibilità e alle implicazioni per il territorio.

A Vado Ligure, nell’area costiera tra Savona e Bergeggi, è in corso un braccio di ferro che racconta molto dell’Italia di oggi: transizione ecologica a parole, investimenti fossili nei fatti. Qui dovrebbe attraccare la Italis LNG (ex Golar Tundra), nave rigassificatrice acquistata da Snam per 330 milioni di euro a giugno 2022. Un colosso galleggiante lungo quasi 300 metri, largo 43, alto 55, in grado di stoccare 170 mila metri cubi di gas naturale liquefatto (GNL) e rigassificarne fino a 5 miliardi all’anno. Il progetto è stato annunciato ufficialmente nell’estate del 2023, ma la nave è già operativa da luglio dello stesso anno nel porto di Piombino, dove è stata collocata in via emergenziale e in deroga alla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA). L’accordo con la Regione Toscana prevedeva però una permanenza limitata: massimo 36 mesi. Da qui la decisione del Governo Meloni di trasferirla in Liguria.

Ed è proprio qui che la vicenda si complica. A candidarsi per risolvere l’impasse è stato l’ex Presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, che ha assunto il ruolo di Commissario straordinario per la realizzazione dell’impianto. È stato lui a proporre il posizionamento della nave a circa 4 chilometri al largo della costa di Vado, a meno di 3 da Savona, in un tratto di mare particolarmente trafficato e delicato dal punto di vista ambientale. Una scelta che ha scatenato proteste trasversali: comitati, sindacati, sindaci della costa e dell’entroterra, associazioni ambientaliste e lo stesso Consiglio regionale della Liguria, che il 30 gennaio 2024 ha approvato all’unanimità una mozione contraria all’opera.

Il motivo è evidente: la zona interessata rientra nella Rete Natura 2000, in una Zona Speciale di Conservazione e nell’area marina protetta Isola di Bergeggi, parte del santuario Pelagos, il più grande ecosistema del Mediterraneo per la tutela dei cetacei. Qui, tra scogliere e fondali ricchi di biodiversità, il monitoraggio acustico registra costantemente la presenza di capodogli, stenelle e altri mammiferi marini. L’arrivo della nave rigassificatrice minaccia di alterare profondamente l’equilibrio dell’area, per via delle emissioni sonore, del traffico navale e degli scarichi chimici: la Italis LNG opera infatti a ciclo aperto, utilizzando l’acqua del mare per rigassificare il GNL e versandola poi trattata con candeggina, con una stima di 86 litri al giorno riversati in mare.

E non è tutto. Per collegare la nave alla rete nazionale, sarà realizzato un sistema misto di condotte marine e terrestri, che comporta il rischio di sollevamento di fanghi inquinanti nei fondali portuali, compromettendo ulteriormente l’ecosistema. Lo stoccaggio a terra prevede invece la costruzione di 12 serbatoi di GNL su un’area comunale di Bergeggi, a cura della GNL Med Srl, una joint venture privata già beneficiaria di 21,5 milioni di euro di fondi PNRR. Per velocizzare l’iter ed evitare una VIA complessiva, il progetto è stato spezzettato in due fasi: prima 11 serbatoi, poi il dodicesimo.

Mentre le procedure tecniche avanzano e i sopralluoghi per il gasdotto proseguono, la nave continua a operare a Piombino. Lì ha iniziato a rigassificare GNL proveniente da Stati Uniti, Algeria, Qatar ed Egitto, in un contesto europeo in cui i consumi di gas liquido sono in calo: nel 2022 il consumo è sceso del 13% rispetto all’anno precedente, e molti terminal (incluso Piombino stesso) hanno operato sotto il 50% della loro capacità. Tendenza confermata anche nel 2023, in linea con gli obiettivi climatici europei al 2030, che richiedono una drastica riduzione dell’uso di combustibili fossili.

Intanto, a maggio 2024, l’allora Presidente Toti è finito agli arresti domiciliari, indagato per corruzione nell’esercizio della funzione, atti contrari ai doveri d’ufficio e corruzione elettorale. L’inchiesta ha portato alla decadenza del suo incarico da commissario straordinario. Ora il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha in mano le prossime decisioni, mentre la cittadinanza locale chiede trasparenza e partecipazione, in un territorio che ha già dato troppo all’industria e ora rivendica il diritto a decidere del proprio futuro.

Recentemente, ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) ha bocciato il trasferimento del rigassificatore da Piombino a Vado Ligure, sollevando dubbi sulla legittimità del progetto e sulle sue implicazioni per l’ambiente e la sicurezza del territorio. La decisione di ARERA mette in luce il conflitto tra la necessità di garantire la sicurezza energetica nazionale e la protezione delle risorse naturali. Seppure il gas rappresenti una soluzione immediata per fronteggiare le difficoltà energetiche, il suo impatto a lungo termine rimane un nodo irrisolto.

A difesa del territorio si sono schierate diverse associazioni e gruppi di monitoraggio e sensibilizzazione come “Fermiamo il mostro del gas davanti a Savona”, gruppo apartitico di cittadini che nasce per opporsi all’installazione del progetto. Il rigassificatore di Vado ha attirato anche l’attenzione di realtà a livello nazionale, tra cui ReCommon, che evidenziano come l’opera/progetto non sia in linea con gli impegni presi dall’Italia in termini di riduzione delle emissioni e di promozione di energie rinnovabili. Inoltre, la creazione di infrastrutture per il gas continua a presentare rischi legati alla sicurezza e al danno ambientale, rendendo il rigassificatore un evidente passo indietro rispetto agli obiettivi di transizione energetica.

Il progetto di Vado Ligure si inserisce in un quadro più ampio che include la controversa costruzione della dorsale del gas in Sardegna, altro progetto bocciato recentemente. Questo scenario solleva interrogativi sul modello energetico italiano: la spinta per una sicurezza energetica a breve termine è compatibile con gli obiettivi di lungo periodo della transizione ecologica?

In conclusione, mentre la Liguria sta tentando di fare la sua parte con i fondi PNRR, il progetto del rigassificatore di Vado Ligure rappresenta una realtà complessa, che rischia di contraddire i principi stessi della transizione verde. La Liguria si trova di fronte a un bivio: continuare a puntare su progetti di energia fossile o accelerare l’adozione di soluzioni davvero sostenibili per il nostro futuro.

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